La persecuzione dei cristiani sotto l'imperatore Decio (249-251) fu la più sistematica mai avvenuta; egli era infatti deciso a eliminare tutti i cristiani poiché obbedivano a un'autorità che sostenevano essere più alta della sua e poiché egli era un devoto credente nei valori dell'antica religione romana.
Un editto imperiale stabilì che tutti coloro la cui obbedienza religiosa era dubbia dovessero comparire davanti a una commissione, offrire sacrifici e dichiarare la falsità del cristianesimo; dopo ciò, avrebbero dovuto partecipare a un pasto mangiando le offerte sacrificali. Coloro che si fossero rifiutati non sarebbero stati condannati a morte ma imprigionati e torturati, nella speranza che si convertissero.
Quando nell'aprile 250 un proconsole arrivò a Cartagine per dare esecuzione all'editto, furono molti coloro che abbandonarono il cristianesimo per adottare il paganesimo. La prima vittima della persecuzione fu Mappalico, che morì in seguito alle torture; a lui fecero seguito altri diciassette cristiani, molti dei quali morirono di fame e per le terribili condizioni che dovettero sopportare in prigione. S. Cipriano (16 set.), allora vescovo di Cartagine, cita espressamente Mappalico e i suoi compagni con parole di lode particolari nella sua Lettera ai Martiri e ai Confessori, definendoli «saldi nella loro fede, pazienti nelle sofferenze, vittoriosi sulle torture» ed esempio da seguire.
MARTIROLOGIO ROMANO. In Africa, san Mappálico, martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, mosso da pietà familiare, si era raccomandato che sua madre e sua sorella, che avevano rinnegato la fede sotto tortura, fossero lasciate in pace e per questo, trascinato davanti al tribunale, fu lui a conseguire la corona del martirio; a lui si unisce la memoria di molti altri santi martiri, che testimoniarono la loro fede in Cristo: Basso in una cava di pietra, Fortunio in carcere, Paolo in tribunale, Fortunata, Vittorino, Vittore, Eremio, Crédula, Eréda, Donato, Firmo, Venusto, Frutto, Giulia, Marziale e Aristone, morti tutti di fame in carcere.
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