Nel suo villaggio nativo a Stommeln, vicino a Colonia, e a Jülich, luogo della sepoltura, Cristina Bruso fu venerata come santa in vita e dopo la morte; questo culto locale, che continuò senza alcuna interruzione per sei secoli, fu confermato da papa San Pio X (1903-1914; 26 ago.) nel 1908. Comunque, senza la testimonianza dei contemporanei, molti dei quali furono testimoni oculari, non sarebbe stata ricordata come una giovane donna devota, ma come una giovane malata di mente, oppure i biografi sarebbero stati giudicati impostori e falsi. Sta di fatto che gli studiosi sono divisi, e una parte condivide la versione di uno studioso moderno che ha affermato che è più semplice considerare l'intera storia, inclusa l'esistenza della stessa Cristina, come «un romanzo scritto [...] da Pietro di Dacia» piuttosto che credere alle stravaganze contenute nelle sue lettere.
Il padre di Cristina era un prospero agricoltore che si preoccupò che la figlia ricevesse una certa educazione; sebbene Cristina non sapesse scrivere, riusciva tuttavia a leggere il salterio. Nel breve racconto della sua gioventù, scritto dal suo parroco, Johannes, sotto dettatura, Cristina afferma che a dieci anni diventò devota di Cristo, che le era apparso in una visione, e che a tredici anni scappò a Colonia per diventare una beghina, ma non resistette a lungo, perché la sua devozione e austerità eccessiva spinsero le consorelle a pensare che fosse isterica, perciò ritornò a casa. A venticinque anni, incontrò un giovane domenicano, Pietro di Dacia, e diventarono subito amici; durante il loro primo incontro alla presenza di altri, Cristina fu scaraventata qua e là nella stanza, e sentì i piedi trafitti da un'entità invisibile. Nei due anni successivi, padre Pietro trascrisse accuratamente tutto ciò di cui fu testimone, dall'estasi ad altre manifestazioni francamente repellenti.
Padre Pietro lasciò Colonia nel 1269, di conseguenza Cristina iniziò a corrispondere con lui attraverso il parroco, padre Johannes, che talvolta aggiungeva dei commenti personali; da queste lettere sembra che le visioni bizzarre e talvolta violente continuassero (non erano limitate a Cristina, ma colpivano anche coloro che le stavano vicini, e lei stessa le attribuiva a Satana), anche dopo la morte del parroco, otto anni dopo, allorché il ruolo di amanuensi fu svolto da un insegnante locale, suo omonimo, e da quel momento il racconto diventa drammatico. Come si afferma nell'articolo già citato, «i racconti delle esperienze vissute da Cristina tra il 1279 e il 1287, che si teneva in contatto con l'amico domenicano grazie all'intermediazione del maestro Johannes, sono talmente assurdi, che se non fossero veramente opera sua, potrebbero essere considerate solo come allucinazioni di una mente disturbata». Non esiste alcuna prova evidente dagli avvenimenti narrati nelle lettere; tuttavia, due brani importanti suggeriscono che, a meno che il maestro non abbia inventato queste assurdità, cosa improbabile date le circostanze, Cristina le aveva in ogni caso riferite mentre era in stato di trance o in qualche altro stato anormale, e poi il maestro aveva colmato le lacune.
Le informazioni sulla vita di Cristina terminano nel 1288, con la morte di padre Pietro, anche se visse per altri ventiquattro anni, prima di morire nel 1312 a settant'anni; fu venerata immediatamente come santa e le sue reliquie furono trasferite prima a Niedeggen, poi, nel 1569, a Jülich, dove si trovano tuttora. Qualcuno pensa che in un caso come il suo la venerazione sia fuori luogo, ma la sua santità è qualcosa di indipendente dal tipo di dono soprannaturale e dai fenomeni fisici anormali di cui fece esperienza; nel confermare il culto, la Chiesa non ha parlato di questi avvenimenti, riconoscendo invece la santità evidente della sua vita.
MARTIROLOGIO ROMANO. Vicino a Colonia in Lotaringia, nell’odierna Germania, beata Cristina di Stommeln, vergine, che, in piena comunione con la passione di Cristo, vinse mirabilmente ogni tentazione del mondo.