Dopo la guerra di Crimea, al governo turco fu chiesto di trattare la questione cristiana più lealmente. Nel 1856, il sultano emise un decreto che dichiarava che tutti gli abitanti dell'impero turco dovevano essere trattati allo stesso modo in merito alla tassazione e all'impiego negli uffici pubblici. Questa decisione causò risentimento tra molti musulmani e fu una delle cause del terribile massacro di cristiani che avvenne in Siria quattro anni dopo.
In particolare, i drusi, un'antica setta musulmana siriana, si opposero all'espandersi del cristianesimo in zone tradizionalmente islamiche. Nella primavera del 1860, una serie di piccoli incidenti e attacchi da entrambe le parti portò al conflitto aperto. I cristiani, disarmati e incapaci di difendersi adeguatamente, videro i loro villaggi saccheggiati e migliaia di fedeli uccisi. Le autorità turche sembrarono disposte a lasciar che la situazione degenerasse. A Zahleh furono uccisi cinque sacerdoti gesuiti, e a Der al-Kamar l’abate del monastero cristiano maronita e i suoi venti monaci.
Il 9 luglio, i disordini raggiunsero Damasco, dove ebbe inizio il massacro della numerosa popolazione cristiana. Il governatore della città non intervenne per fermare gli eccidi, i saccheggi e gli incendi. Tuttavia, un emiro algerino, Abd el Khader, offrì rifugio a diverse centinaia di cristiani, siriani ed europei, che aveva salvato nei dintorni della città. Rischiò la vita rifiutando la richiesta della folla di consegnarli.
Una stima moderna indica che morirono quasi quattordicimila cristiani in tutta la Siria, di cui duemila a Damasco. Questo massacro causò una protesta internazionale e centinaia di persone coinvolte negli attacchi furono giustiziate.
Undici dei cristiani uccisi furono beatificati nel 1926: otto frati minori francescani e tre laici maroniti. Sette frati erano spagnoli:
L'ottavo frate, Engelberto Kolland, era austriaco. Riuscì quasi a scappare travestendosi da donna siriana, ma i suoi sandali francescani lo tradirono. Rifiutò di apostatare e fu assassinato.
Anche se la maggior parte dei laici che si rifugiava nel convento fu risparmiata o riuscì a fuggire, tre fratelli vennero assassinati: Francesco, Abdel-el-Mooti e Raffaele Massabki. Essi non furono inclusi nella causa di beatificazione iniziata nel 1885 fino al 1926, ma un incartamento completo del loro caso fu conservato dal vescovo maronita di Damasco, permettendo alla loro causa di essere completata in meno di sei mesi.
Il processo di beatificazione di padre Emanuele Ruiz e compagni iniziò nel 1885 e si concluse con la beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli Massabki il 10 ottobre 1926, con l’approvazione di papa Pio XI. Nel 2022, i maroniti richiesero la canonizzazione degli undici martiri, proposta appoggiata anche dai superiori francescani. Papa Francesco autorizzò l'iter speciale per la canonizzazione, ufficializzata il 20 ottobre 2024 a Roma, riconoscendo il loro messaggio di dialogo e pace, in vista dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi.