Beato Antonio Grassi
Nome: Beato Antonio Grassi
Titolo: Sacerdote
Nome di battesimo: Vincenzo Grassi
Morte: 13 dicembre 1671, Fermo, Ascoli Piceno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
30 settembre 1900, Roma, papa Leone XIII
Vincenzo Grassi, nato a Fermo nella provincia delle Marche, entrò a far parte degli oratoriani all'età di diciassette anni, con il nome di Antonio. Era uno studente acuto, soprannominato "il dizionario vivente", e presto acquistò una buona reputazione per la sua conoscenza dei testi biblici e della teologia. Ebbe qualche scrupolo, prima dell'ordinazione sacerdotale, che gli scomparve quando celebrò la sua prima Messa, e anzi fu notato per la sua serenità.
Nel 1621, a ventinove anni, era inginocchiato a pregare nella chiesa del convento di Loreto, quando fu colpito da un fulmine. Lasciò un racconto dettagliato della sua esperienza:
Mi sentivo scosso, come se fossi fuori di me, e mi sembrava che l'anima si fosse distaccata dal corpo, e di trovarmi in un sonno profondo [.. Poi mi risvegliai quando udii un fragore di tuono, aprii gli occhi e scoprii che ero caduto con la testa, giù per i gradini. Vidi alcune macerie sul pavimento, e l'aria era piena di un fumo così denso che sembrava polvere. Pensai che si fosse staccato dello stucco dal soffitto, ma quando alzai gli occhi, vidi che era intatto, poi notai che un pezzo di pelle del mio dito era stata asportata; ricordai un sacerdote di Camerino che era stato ucciso da un fulmine, e sul suo corpo non vi erano segni, eccetto qualche escoriazione sulle mani, perciò, quando vidi il mio dito, pensai di essere prossimo alla morte, e una sorta di bruciore dentro di me mi faceva sentire sempre più vicino al trapasso. Cercai di muovere le gambe ma non k sentivo più; avevo paura che quel fuoco avrebbe raggiunto il mio cuore e mi avrebbe ucciso. Ero senza aiuto, e giacevo senza muovermi sui gradini, pensando che se non avessi potuto morire nell'oratorio, avrei potuto in ogni modo farlo in un santuario della Madre di Dio. Poi qualcuno si chinò sopra di me e io gli dissi che non riuscivo a muovermi; chiamarono aiuto, portarono una sedia, dove mi sistemarono, poi svenni di nuovo, anche se ero conscio che la testa, le braccia e le gambe stessero penzolando inerti, e che non riuscivo a vedere né a parlare, anche se il mio udito era acuto. Sapevo che qualcuno mi stava suggerendo i santi nomi di Gesù e Maria.
Quando ritornò completamente in sé, Antonio pensava ancora di essere prossimo alla morte, perciò chiese gli ultimi sacramenti, poi fu condotto nel suo alloggio. «Poi scoprii che se crediamo che la morte sia vicina, diventiamo assai indifferenti verso questo mondo, e apprendiamo che tutte le cose terrene sono vacue.»
Guarì in alcuni giorni, e scoprì che i suoi indumenti intimi erano bruciacchiati e che lo shock lo aveva fatto completamente guarire da un'indigestione. Giunse alla conclusione che la sua vita apparteneva a Dio in modo molto speciale: fece un'offerta quotidiana per la sua salute e ogni anno un pellegrinaggio speciale a Loreto con la stessa intenzione. Chiese la facoltà di poter confessare, che divenne una delle sue attività principali: era molto semplice, nell'udire i penitenti, diceva qualche parola d'incoraggiamento, imponeva una penitenza e dava l'assoluzione. Preferiva non dare ordini o regole da seguire, o trattare questioni non direttamente connesse alla confessione. Era solito affermare che nel valutare un individuo, bisogna prestare attenzione a non giudicare in conformità a una singola azione o caratteristica (nella maggior parte delle persone c'era più bene che male). Nel 1653 fu eletto superiore della congregazione dell'Oratorio di Fermo, e fu rieletto ogni tre anni per il resto della sua vita. Era un superiore molto cortese, e quando gli chiesero perché non mostrasse una maggiore severità, disse che non lo sapeva. Allo stesso modo, non praticava e non raccomandava mai pratiche insolite di penitenza. Quando gli chiesero se indossava una maglia di crine, disse di no. «Umiliare la mente e la volontà» diceva «ha più effetto di un cilicio sulla pelle.»
Questo non significava che fosse sempre accomodante, anzi, l'osservanza della congregazione era a un livello molto alto, stimolata dal suo esempio. Parlava con calma e non tollerava quelli che parlavano ad alta voce, oltre a tranquillizzare gli altri con queste parole: «Per favore, o Padre mio, a voce bassa». La sua fama oltrepassò i confini del convento: l'arcivescovo Gualtieri di Fermo affermò che non poteva sopportare il pensiero di perderlo, e sia il cardinale Facchinetti di Spoleto sia il cardinale Emilio Altieri (il futuro papa Clemente X) si affidavano ai suoi consigli. In occasione dei tumulti scoppiati per la carestia a Fermo nel 1649, tentò di agire da mediatore tra il cardinale reggente e il popolo, e per questo fu quasi ucciso dalla folla.
Antonio era molto interessato al bene della sua città natale e al popolo; niente l'avrebbe convinto a stipulare impegni sociali o cerimoniali, ma si recava a ogni ora del giorno e della notte a far visita ai malati o ai morenti, o a chiunque avesse bisogno d'aiuto.
Avvicinandosi agli ottant'anni, subì l'umiliazione di perdere parte delle sue facoltà: il ministero della predicazione a causa della perdita dei denti che gli ostacolava la parola, e quello della confessione, poiché diventò progressivamente sordo. Dopo una caduta dalle scale fu confinato nella sua cella, e alla fine di novembre 1671 fu costretto a letto. L'arcivescovo Gualtieri venne a trovarlo tutti i giorni, per dargli la comunione fino alla fine, una quindicina di giorni dopo. Uno dei suoi ultimi risultati era stato di riconciliare due fratelli acerrimi nemici.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Fermo nelle Marche, beato Antonio Grassi, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio, uomo umile e pacifico, che con il suo esempio spinse fortemente molti confratelli all’osservanza della regola.
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