Beato Guala di Brescia
Nome: Beato Guala di Brescia
Titolo: Vescovo
Nascita: 1180 circa, Bergamo
Morte: 1244 , Val Camonica, Lombardia
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
1 ottobre 1868, Roma, papa Pio IX
Nel 1217, S. Domenico (8 ago.) si recò a Bergamo per reclutare nuovi membri per l'ordine: i primi a offrirsi volontari e a ricevere l'abito monastico furono Guala Romanoni, che aveva già trent'anni, e suo fratello Ruggero. Guala, dal nome di origine lombarda, nacque in una famiglia nobile, secondo i suoi biografi, nel 1180 circa, ed era già sacerdote quando incontrò Domenico, probabilmente canonico della cattedrale, che viveva seguendo una regola. Non era una situazione felice perché la congregazione con cui viveva era il risultato fallimentare della fusione dei due stili di vita, perciò il reclutamento di Domenico giunse al momento giusto. Dopo aver aderito, Guala proseguì assieme a Domenico per Bologna, con l'intenzione di fondare un convento, poi si raggiunsero Brescia, dove Domenico, che chiaramente apprezzava la sua saggezza ed esperienza, presto lo nominò priore.
Guala era ancora priore a Brescia il 6 agosto 1221, quando Domenico fu colpito dall'ultima malattia, e mentre stava pregando nella chiesa perché quest'ultimo guarisse, ebbe una visione, o fece un sogno, in cui vide due scale che scendevano dal cielo: su una vi era Cristo e sull'altra Maria, in compagnia degli angeli, e ai piedi vi era una figura vestita con l'abito domenicano, con il volto coperto dal cappuccio, come in caso di sepoltura.
Alla fine le scale furono tirate su, e il domenicano fu portato dagli angeli ai piedi di Cristo. Comprendendo il significato di questa visione, Guala si recò il più in fretta possibile a Bologna, ma apprese che Domenico era morto proprio nel momento in cui aveva avuto il sogno. Si fa riferimento a questo evento nella terza antifona per le laudi dell'Ufficio di S. Domenico: Scala cado prominens fratri revelatur, per quam pater transiens sursum ferebatur (A un fratello comparve una visione di una scala sospesa dal cielo, con cui il nostro padre morente fu portato in cielo).
Quando questa laude fu cantata per la prima volta, dopo la canonizzazione di S. Domenica nel 1234, Guala era presente nel coro del convento a Bologna, e la intonò personalmente.
Le sue notevoli doti personali, oltre all'abilità come predicatore e amministratore, erano state nel frattempo riconosciute al di fuori dell'ordine. Compì un certo numero di delicate missioni diplomatiche per papa Onorio III (1216-1227) e il suo successore Gregorio IX (1227-1241). Una delle prime azioni di quest'ultimo fu nominare Guala inquisitore, e nel corso degli anni sfruttò le doti del domenicano come mediatore e portatore di pace. Nel 1229, quando il vescovo di Brescia divenne patriarca di Antiochia, Gregorio scelse Guala perché gli succedesse in un incarico che non fu certo facile. La Lombardia fu coinvolta in una disputa tra la Santa Sede e l'imperatore, Federico II, e di conseguenza Brescia gravemente divisa in fazioni politiche ed ecclesiastiche. Tra il 1232 e il 1235, Guala dovette occuparsi di un conflitto di lunga data tra la fazione ghibellina a favore dell'imperatore e il nunzio apostolico; inoltre, nel frattempo, la diocesi stessa, con un clero indebolito da una parte e un forte raggruppamento di catari dall'altra, aveva assoluto bisogno di riorganizzazione e di riforme morali. Troppo rigoroso per i primi, e troppo moderato per i secondi, Guala non riuscì a essere apprezzato da nessuna delle due parti.
Fu molto amato solo dal popolo, specialmente dai poveri, che ne apprezzavano la semplicità e l'impegno. Guala rimase a Brescia compiendo i suoi doveri per circa dieci anni, alla fine, a ogni modo, fu costretto a recarsi in esilio. Qualcuno ha affermato che il dissenso nei suoi confronti era così forte che alla morte di Gregorio nel 1241, egli perse un prezioso sostegno, e non riuscì più a governare.
Altri ritengono che fu irretito dall'opposizione combinata del clero e dei comuni, e da un nunzio apostolico non all'altezza della situazione. Certamente non si mise in una posizione facile quando, nel 1238, trasferì i suoi possedimenti e tutti i documenti che concernevano le proprietà diocesane in un luogo sicuro a Bergamo. Sostenne giustamente che il clero e i comuni volevano impossessarsi dei beni della diocesi, ma da quel momento il loro fine fu quello di eliminarlo.
Infine, nel 1242, si ritirò in un monastero di vallombrosani ad Astino, dove rimase per più di un anno, pregando e studiando. Nell'ultimo anno di vita, ritornò a Brescia, ma scelse di vivere in Val Camonica, dove i valligiani lo elessero podestà, e dove morì il 3 settembre 1244. Nel 1245, i resti furono portati ad Astino, ma oggi sono venerati nella cattedrale di Bergamo.
Per lungo tempo non esistette un culto pubblico, sebbene la santità di Guala fosse riconosciuta; nel ritratto conservato nella chiesa di S. Domenico a Brescia (ora distrutto) era raffigurato con un'aureola. Il culto fu confermato nel 1868 da papa Pio IX (1846-1878).
Oltre al ritratto di Guala nel palazzo episcopale di Brescia, nel convento di S. Matteo a Siena sono conservate illustrazioni di Francesco Triani, che rappresentano episodi della vita di S. Domenico, in alcune delle quali compare Guala.
MARTIROLOGIO ROMANO. Nel territorio di Astino nella Val Camonica in Lombardia, beato Guala, vescovo di Brescia, dell’Ordine dei Predicatori, che, al tempo dell’imperatore Federico II, si adoperò con saggezza per la pace della Chiesa e della società civile e fu condannato all’esilio.
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