Beato Placido Riccardi
Nome: Beato Placido Riccardi
Titolo: Benedettino
Nome di battesimo: Tommaso Riccardi
Morte: 15 marzo 1915, Roma
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
5 dicembre 1954, Roma, papa Pio XII
Tommaso Riccardi nome di battesimo nacque a Trevi, un piccolo paese umbro. Suo padre produceva olio d'oliva e aveva un'attività di spezie, ebbe una grande fortuna, che gli permise di mettere suo figlio nel convento per nobili di Trevi, dove studiò scienze umane.
Nel 1865 andò a Roma per studiare Filosofia all'Angelica. Conosceva e ammirava i Domenicani e i Gesuiti, ma, poco attratto dall'apostolato attivo e ancor meno dall'agitazione della città, si presentò all'Abbazia Benedettina di San Paolo Fuori le Mura dove entrò nel 1866 e prese i voti Benedettini e il nome di Placido. Fin dall'inizio mostrò grande assiduità alla preghiera. Al contrario, aveva una grande ripugnanza per la lucidità di coscienza che contraddiceva completamente la sua indipendenza di carattere, tuttavia, lungi dall'essere ostinato alle sollecitazioni del padre padrone, rifletté, si umiliò e cercò allegramente di praticare questo poco attraente ascetismo.
Tornò a studiare Filosofia e successivamente Teologia, alla quale si dedicò con amore. Nel 1868 Placido Riccardi ricevette la tonsura e gli ordini minori dal suo abate, fu ordinato diacono nel 1870, tre giorni dopo che l'esercito piemontese era entrato a Roma. Non aveva completato il servizio militare, che lo portò ad essere arrestato come disertore e condannato a un anno di prigione a Firenze. Liberato lo stesso anno, fu inviato al 57° reggimento di fanteria di Livorno. Fu congedato a Pisa: l'esercito italiano perse un soldato, ma l'Abbazia di San Paolo ritrovò con gioia il suo monaco, ordinato sacerdote nel 1871.
Don Placido fu inizialmente impiegato nella scuola dell'abbazia. Guardare bambini turbolenti fu un calvario per un uomo miope che amava la pace e il silenzio. Il clima malsano di Roma finì per rompere la sua fragile salute, ebbe una crisi di malaria, che, nonostante alcuni antidolorifici, non si fermò mai completamente.
Il suo abate, però, si preoccupò di dargli un ufficio più consono ai suoi gusti: lo nominò assistente del maestro dei novizi, confessore delle monache di Santa Cecilia a Roma, poi, nel 1864, lo inviò come vicario abbaziale a le monache di San Magno D'Amelia. La comunità, abusando della debolezza di un'anziana badessa, si era un po' rilassata. Don Placido la prese molto male: non contento di moltiplicare le sue esortazioni pubbliche e private, entrò nei dettagli dell'osservanza, soppresse i discorsi inutili e le chiacchiere, e controllò attentamente il programma della giornata. Ben presto le sorelle mostrarono un fervore degno del loro eccellente insegnante.
La salute di Don Placido peggiorava ogni giorno di più e il suo abate lo mandò ad aiutarlo un monaco tedesco, che era anche considerato il superiore. I contadini di Sabine non avevano costumi delicati e cercarono di sbarazzarsi del carattere nobile, ponendo sopra la porta del santuario una trave che gli sarebbe caduta in testa una volta entrato, l'attacco fallì, ma la chiesa fu abbandonata dai fedeli. Don Placido fu molto addolorato nel vedere il suo lavoro annientato, la sua salute ne risentì e il suo disturbo intestinale peggiorò, al punto che gli era del tutto impossibile celebrare la messa.
Il 17 novembre 1912, mentre stava salendo una scala, un attacco di paralisi, accompagnato da convulsioni, lo gettò a terra e lo fece rotolare giù per i gradini di marmo. Le sue condizioni sembravano così gravi che l'estrema unzione fu somministrata immediatamente, tuttavia, sopportò la prova e fu riportato all'Abbazia di San Paolo fuori le mura.
Era paralizzato sul lato destro, le sue gambe cedettero, poi si inarcarono e non riuscì nemmeno a sdraiarsi sulla schiena. Finito fisicamente, fece delle sue giornate una preghiera perpetua e non si lamentò mai né fece alcuna pretesa, solo attento a non infastidire o turbare chi si prendeva cura di lui. In questo periodo doloroso, ebbe la gioia di vedere frequentemente al suo fianco il giovane e fedele amico sant'Alfredo Ildefonso Schuster, che lo aveva condotto lungo i sentieri della perfezione monastica. Don Placido mostrò la sua fiducia nel discepolo scegliendolo come suo confessore. Don Schuster ottenne per il suo maestro il favore che poteva piacergli di più: san Pio X autorizzò la celebrazione di una messa, ogni settimana, nella cella degli ammalati. Don Placido morì dolcemente mentre Don Schuster lo guardava accanto.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma presso San Paolo sulla via Ostiense, beato Placido Riccardi, sacerdote dell’Ordine di San Benedetto, che, pur sofferente di continue febbri, malattie e paralisi, coltivò con instancabile dedizione l’osservanza alla regola e la preghiera, insegnando anche agli altri a praticarle.
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