Beato Tommaso Percy
Nome: Beato Tommaso Percy
Titolo: Conte di Northumbria, martire
Nascita: 1528, Northumberland, Regno Unito
Morte: 22 agosto 1572, York, Regno Unito
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Beatificazione:
13 maggio 1895, Roma, papa Leone XIII
Tommaso Percy fu il settimo conte di Northumbria. Era il figlio maggiore di sir Tommaso Percy. Sir Tommaso, insieme al fratello più giovane, Ingelram, ebbe un ruolo importante nel Pellegrinaggio di Grazia del 1536, ossia nella protesta che si volse contro, tra altre cose, la rivendicazione di Enrico VIII al titolo di capo supremo della Chiesa inglese e le disposizioni e i divieti derivati. I due fratelli furono imprigionati e Tommaso venne ucciso a Tyburn il 2 giugno 1537, mentre il fratello cedette volontariamente i suoi territori alla corona.
Nel 1537, alla sua morte, il titolo di conte venne momentaneamente sospeso. La vedova, Eleonora, ereditò un vasto fondo nel quale si ritirò con i due figli, Tommaso ed Enrico, dopo l'esecuzione del marito. I due ragazzi vennero in seguito tolti alla madre "traditrice" e affidati alle cure di Tommaso Tempest; nel 1549 fu loro riconsegnato il titolo aristocratico, anche se le perdite di beni e di diritti che avevano sofferto dopo la morte del padre erano state considerevoli.
Con la salita al trono della regina Maria, a Tommaso Percy venne di nuovo accordato il favore reale: fu 'nominato governatore di Prudhoe Castle e nel 1557 fu promosso al controllo della contea di Northumbria e nominato alto maresciallo dell'esercito nel Nord. Nel 1558 sposò Anna Somerset, figlia del conte di Worcester.
Con la salita al trono di Elisabetta venne criticato così duramente da essere costretto alle dimissioni; tuttavia, nel 1563, divenne cavaliere del Garter, anche se nel 1565 gli incaricati di Burghley affermano che fosse «pericolosamente ostinato riguardo la religione». Quando Maria, regina di Scozia, tentò di fuggire dal paese, venendo catturata su ordine di Elisabetta e portata a Carlisle, Tommaso le parlò in privato esprimendole la sua simpatia.
Fu sospettato di favorire la presunta relazione tra Maria e il duca di Norfolk che infatti intendeva sposarla e le aveva mandato un anello di fidanzamento di diamanti. Quando però egli provò a intercedere presso Elisabetta, appena la regina lesse la lettera indirizzata a Maria, fece rinchiudere il duca nella Torre di Londra e ordinò a Tommaso di lasciare Carlisle.
Per un certo periodo alcuni nobili (protestanti, cattolici di nome e cattolici convinti) scontenti della situazione avevano tramato contro il governo. Sembrava realmente possibile un cambiamento a livello religioso. Tommaso accettò il suggerimento di Tommaso Markenfield, che aveva vissuto all'estero per alcuni anni, e iniziò a progettare con il duca di Westmorland la rivolta del 1569, avvenuta dove era partito il Pellegrinaggio di Grazia trent'anni prima. Il governo iniziò a sospettare una ribellione quando ricevette un rapporto il 7 novembre che diceva che Westmorland apparentemente stava radunando i suoi sostenitori a Brancepeth Castle, a sud est di Durham e che il Northumbria e lo sceriffo dello Yorkshire, Riccardo Norton, erano anch'essi presenti. Solo otto giorni prima di questi fatti, i due conti avevano dovuto scusarsi per non presenziare a un appello della regina davanti al Tribunale, appello che venne ripetuto il 4 novembre.
I capi della rivolta vennero costretti ad agire prima del tempo dalle pressioni di diversi casati alleati, ma soprattutto dal pensiero che, come Norfolk, erano in ogni modo destinati alla Torre e all'esecuzione. In seguito, quando Burghley interrogò Tommaso sullo scopo della ribellione, egli rispose: «L'intenzione e il significato erano, fin dalle prime assemblee e conferenze, solo ed esclusivamente la riforma religiosa, e la preservazione della seconda persona, la regina di Scozia, che noi consideriamo, per legge divina e umana, essere la legittima erede; queste due cause a cui mi sono totalmente votato sono vivamente sostenute dalla maggior parte dei nobili di questo regno, specialmente a motivo della vera fede in Dio». I due conti avevano sovrastimato la profondità e la diffusione dei sentimenti cattolici. Vennero avvisati da Maria di non muoversi ed essi probabilmente l'avrebbero ascoltata se il governo non avesse preso troppo seriamente il rapporto, e non avesse ordinato ai due conti di presentarsi disarmati a Londra per affidarsi alla misericordia dei loro nemici.
La seconda settimana di novembre il giovane Westmorland iniziò ad addestrare diligentemente i suoi uomini. Northumbria, che stava solo cercando un rifugio sicuro nella propria contea, fu persuaso a unirsi a quella che rapidamente si trasformò in una vera e propria rivolta. Un drappello di uomini marciò su Durham e occupò la città. La Bibbia e il libro della liturgia ufficiale anglicana (Common Prayer) vennero distrutti insieme ad altri libri in un rogo sul ponte. La Messa tradizionale venne cantata nella cattedrale per l'ultima volta. I loro stendardi portavano come simbolo le cinque piaghe, vennero tenute omelie contro l'eresia protestante, moltissima gente venne assolta dalla scomunica.
Episodi simili accaddero in altre città in tutto il regno, con preti che confessavano alle loro congregazioni di averli ingannati per dieci anni. I conti diffusero un proclama che affermava la loro determinazione nel liberare la regina da «vari nobili elevati arbitrariamente di rango, che non solo stanno soverchiando e sminuendo l'antica nobiltà del regno, ma che hanno anche sfruttato le persona di nostra altezza la regina» e «che nei dodici anni trascorsi hanno creato e mantenuto una nuova religione e una nuova eresia contrarie alla parola di Dio». L'esercito cattolico marciò su Ripon con cinquemila fanti e milleduecento cavalieri, evitò York e, il 24 novembre, fece ritorno a Braham Moor, dove rapporti del governo affermarono che contasse tremilaottocento fanti e millesettecento cavalieri. Maria era stata trasferita da Tutbury a Coventry, cinquanta miglia a sud. Le forze reali iniziarono a risalire il paese. Il 16 dicembre i conti tennero un consiglio di guerra a Durham, nel quale si rese evidente la mancanza di un piano generale o di una strategia. Gli uomini del loro esercito vennero allontanati e congedati, e i conti presero misure per la sicurezza del confine scozzese.
Vi furono ottocento esecuzioni a Durham e nello Yorkshire; per la maggior parte si trattava di "persone più povere", solo nove uomini realmente influenti vennero giustiziati, gran parte di loro fu privata dei beni e delle terre, che la regina confiscò. Furono fatte pagare multe a più di mille persone, e in gennaio e febbraio del 1570 i soldati saccheggiarono senza pietà il nord del paese, tanto da far temere una carestia. Solo chi era disposto a rinunciare alla religione cattolica e a sottoscrivere l'Atto di Supremazia riceveva la grazia e la remissione. Tommaso fu latitante per un certo periodo, trovando infine rifugio in Scozia. Sua moglie stava al confine tentando di aiutarlo e di raccogliere il denaro per il suo riscatto. Si recò ad Anversa con la figlia neonata Maria nell'agosto del 1570 per raccogliere fondi e progettare il rilascio del marito e la sua fuga nelle Fiandre, ma i tentativi fallirono. Nell'agosto 1572 Tommaso venne arrestato, e il governatore scozzese, il conte di Mar, calvinista, lo vendette agli ufficiali di Elisabetta per duemila sterline. Fu portato a York, dove gli venne offerta salva la vita in cambio dell'abiura. Tommaso rifiutò e, all'età di quarantaquattro anni, il 22 agosto 1572, venne decapitato. Fu beatificato nel 1895.
La moglie di Tommaso rimase nei Paesi Bassi spagnoli, ma nel 1576 venne espulsa momentaneamente dietro richiesta di Elisabetta.
Nel 1596 morì di vaiolo in un convento a Namur. Il loro figlio morì prematuramente nel 1560. Il titolo passò al fratello di Tommaso, Enrico, l'ottavo conte. Delle quattro figlie tre si sposarono mentre la quarta, Maria Percy, fondò l'abbazia benedettina inglese di Bruxelles.
MARTIROLOGIO ROMANO. A York in Inghilterra, beato Tommaso Percy, martire, che, conte di Northumbria, per la sua fedeltà alla Chiesa di Roma conseguì con la decapitazione la palma del martirio sotto la regina Elisabetta I.
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