San Beniamino, unico di questo nome, visse in Persia intorno all’anno 400. Durante il regno di Isdeberge, adoratore del fuoco e del sole, i cristiani subirono gravi persecuzioni. Il diacono Beniamino fu imprigionato per due anni a causa della sua predicazione.
La sua importanza era tale che l’ambasciatore dell’imperatore romano Teodosio, durante le trattative di pace con il re persiano, chiese la sua liberazione. Isdeberge accettò, a patto che il diacono cessasse del tutto la sua opera di apostolato.
La risposta di Beniamino, tramandata dai Martirologi, fu chiara e risoluta:
«Non posso chiudere agli uomini le fonti della Grazia del mio Dio. Finché sarà in mio potere, illuminerò coloro che sono ciechi, mostrando loro la luce della verità. Non farlo, significherebbe incorrere nei castighi riservati a coloro che nascondono i talenti del loro padrone».
Liberato grazie all’intercessione dell’ambasciatore romano, riprese immediatamente la sua missione, battezzando e istruendo i persiani convertiti. Il re, sentendosi ormai libero dalla parola data, lo fece nuovamente catturare e gli impose di rinnegare la fede, sacrificando al simulacro del sole.
Rifiutandosi di abiurare, San Beniamino subì un supplizio di estrema crudeltà: il suo corpo fu trafitto da spilloni, ma egli accettò il martirio con incrollabile fermezza.
MARTIROLOGIO ROMANO. In località Argol in Persia, san Beniamino, diacono, che non desistette dal predicare la parola di Dio e, sotto il regno di Vararane V, subì il martirio con delle canne acuminate conficcate nelle unghie.