San Macario l'Alessandrino
Nome: San Macario l'Alessandrino
Titolo: Monaco
Nascita: 300 circa, Alessandria d'Egitto
Morte: 400 circa, Egitto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Le sue informazioni ci arrivano da Palladio, nella sua "Storia lausiana", che è la storia più antica e attendibile del primo sviluppo del monachesimo.
Nacque ad Alessandria, si ritiene che fino all'età di 40 anni fosse un commerciante di frutta e dolciumi. Divenne monaco a Tebaida (Alto Egitto) intorno al 335. Mantenne una vita molto ascetica con il suo corpo "Lo tormento perché lui mi tormenta molto".
La vita di Macario detto il Giovane e dei suoi discepoli, secondo il rapporto di Palladio, fu di straordinaria austerità. Ogni anacoreta aveva la sua cella separata, dove viveva in assoluta solitudine, ma il sabato e la domenica si incontravano per i servizi divini. Erano impegnati nella preghiera, osservavano nel lavoro manuale, come tessere stuoie o cose simili, che li avrebbero aiutati a promuovere la contemplazione e l'unione con Dio. In generale, la gioia, il buon spirito e persino la buona salute del corpo di cui godevano quelle persone sole, nonostante il fatto che il loro cibo fosse ridotto al più frugale ed essenziale per il mantenimento della vita, era ammirevole. Sani nel corpo e nell'anima, quegli anacoreti, ben guidati dai loro eccellenti maestri, vivevano solo per Dio, al quale si erano completamente consacrati.
A questa vita di ritiro assoluto dal mondo, di preghiera e consacrazione a Dio, si aggiunse la continenza più severa, che fin dall'inizio costituì una parte sostanziale dell'ascetismo cristiano, a cui si aggiunse un'immensa varietà di austerità e penitenze, che alle volte rasentavano l'implausibile. In tutto questo, Macario era in testa, ma, secondo Palladio, si distingueva in modo speciale per le sue austerità, sempre attuate con il più alto spirito di amore e di imitazione di Gesù Cristo nella sua passione e con il desiderio di riparazione per il mondo, impantanato in ogni sorta di peccati.
Satana lo tentò di lasciare il deserto e prendersi cura dei malati in un ospedale, ma sapeva che questa era una tentazione e la superò obbedendo alla voce dell'ispirazione. La leggenda narra che sia rimasto nudo nel deserto per sei mesi per punirsi per aver ucciso una zanzara che lo aveva morso al piede. Così tanti insetti lo morsero che il suo corpo si gonfiò così tanto che si riconosceva solo dalla sua voce.
Macario superò tutti gli altri nell'austerità della vita, diventata proverbiale tra i monaci del deserto. Per sette anni di seguito mangiò solo piante e pochi chicchi, e per i tre giorni successivi imitò quattro o cinque once di pane al giorno e un po' d'acqua. Spinto dalla stessa brama di mortificazione, esercitava lunghe veglie e, per non rinunciare o non dormire, restava fuori dalla sua cabina, caldo di giorno e freddo di notte. Dio gli aveva dato un corpo particolarmente adatto a resistere alle macerazioni e ai sacrifici più aspri, per i quali, sempre motivato dal desiderio di piacere a Dio, cercava di imitare ogni esercizio spirituale che vedeva o sentiva da altre persone sole.
Fu ordinato sacerdote e per qualche tempo e visse nel monastero di Tabenna dove visitò San Pacomio, ma la penitenza fu così grande che i monaci chiesero all'abate di ordinare loro di mitigarli.
Un giorno attraversando il Nilo in insieme all'altro San Macario (il Vecchio), incontrarono un gruppo di ufficiali dell'esercito, che rimasero vivamente colpiti dal contegno allegro e dalla felicità che entrambi gli anacoreti respiravano, si dicevano l'un l'altro: "È curioso come questi uomini siano così felici in mezzo alla loro povertà". Udendo questa espressione, Macario di Alessandria rispose: "Avete ragione quando ci qualificate come uomini felici, perché in verità il nostro nome lo testimonia (Macario, la parola greca, significa felice)."
Per rendere l'esempio della sua vita più umano e completo, Dio gli permise di essere vittima di persecuzioni e persino di calunnie. Questi raggiunsero un tale estremo che per qualche tempo dopo fu costretto a lasciare la sua cella e fu esiliato a Nitria, per la fede cattolica, per opera di Lucio, patriarca ariano di Alessandria. Allo stesso modo Dio permise che la sua anima fosse messa alla prova con la più grande oscurità spirituale. Infatti, mosso dal suo desiderio di contemplazione, Palladio riferisce di essersi rinchiuso nella sua cella con lo scopo di restarvi per cinque giorni di seguito. I primi due giorni fu inondato dalla dolcezza celeste, ma il terzo giorno fu preso da un tale tumulto e dalla guerra del nemico che fu costretto a tornare alla sua vita normale.
Non sorprende quindi che con una vita così santa abbia ricevuto da Dio la grazia speciale di compiere miracoli. Morì quando aveva circa cento anni.
MARTIROLOGIO ROMANO. Commemorazione di san Macario, detto Alessandrino, sacerdote e abate presso il monte Scete in Egitto.
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