Santa Sinforosa e sette figli
Nome: Santa Sinforosa e sette figli
Titolo: Martire
Nascita: Roma
Morte: Roma
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Santa Sinforosa moglie di San Getulio viveva sulla via Tiburtina, al IX milliario con i suoi 7 figli: Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Statteo ed Eugenio.
La donna risiedeva nei pressi della maestosa villa dell’imperatore Adriano, colui che aveva ordinato la morte del marito Getulio, del cognato Amanzio e dell’amico di questi Primitivo.
L'efferato imperatore Adriano dopo aver ultimato la sua villa volle inaugurarla con il consultare degli dei, i quali gli dissero, che la vedova Sinforosa e i suoi sette figli, li “straziavano ogni giorno invocando il suo Dio, perciò, se Sinforosa e i suoi figli sacrificheranno per loro, essi faranno quanto l’imperatore gli chiedeva”. Adriano non esitò, chiamò il prefetto Licinio, e ordinò che Sinforosa fosse insieme ai suoi figli arrestata e condotta al tempio di Ercole.
Poi con lusinghe e minacce cercò di farla desistere e a sacrificare agli idoli, ma la Santa con animo nobile si appellò all’esempio del defunto marito Getulio e degli altri compagni di martirio. Ella non si piegava ai voleri dell’imperatore che rinnovò di sacrificare insieme ai suoi figli agli dei pagani ma la Santa e i suoi figli furono irremovibili.
L’imperatore, visto vano ogni tentativo, ordinò che Santa Sinforosa fosse torturata a sangue. Dalla tortura però l’imperatore non ci ricavò nulla, Sinforosa non avrebbe mai tradito il Signore Dio, e spazientito da quella resistenza, diede ordine alle guardie di legare un grosso sasso al collo di Sinforosa, e di gettarla nel fiume Aniene, affinché annegasse.
Poi venne la volta dei figli; furono presi da parte, e l’imperatore chiese a loro di sacrificare agli dei. Ma i ragazzi fedeli alla mamma come al Dio unico, ordinò che fossero condotti anch’essi al tempio di Ercole, dove con minacce e con lusinghe tentava di condurli dalla sua parte; ancora vani i tentativi l’imperatore ordinò che tutti e sette fossero posti alla tortura, ed infine fossero trafitti con la spada, poi li fece gettare in una fossa comune e profonda del territorio tiburtino, che i pontefici chiamarono “ai sette assassinati”.
Dopo circa 2 anni le persecuzioni contro i cristiani erano diminuite drasticamente e il fratello della martire Sinforosa, Eugenio “principalis curiae Tiburtinae”, ne raccolse i corpi e li seppellì “in suburbana eiusdem civitatis”.
MARTIROLOGIO ROMANO A Roma al nono miglio della via Tiburtina, commemorazione dei santi Sinforosa e sette compagni, Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Stacteo ed Eugenio, martiri, che subirono il martirio con diversi generi di tortura, divenendo fratelli in Cristo.
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