San Venanzio Fortunato
Nome: San Venanzio Fortunato
Titolo: Vescovo
Nome di battesimo: Venanzio Onorio Clemenziano Fortunato
Nascita: 530 circa, Valdobbiadene, Treviso
Morte: 607 circa, Poitiers, Francia
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Venanzio Onorio Clemenziano Fortunato nato vicino a Treviso, a nord di Venezia, è conosciuto soprattutto come letterato, oltre che come santo. Tutto ciò che si sa della sua giovinezza è che studiò logica, retorica e diritto a Ravenna. All'età di vent'anni circa, rischiò la cecità, una malattia particolarmente grave per uno studioso, ma guarì dopo essersi strofinato gli occhi con l'olio di una lampada che ardeva davanti a una statua di S. Martino di Tours (11 nov.) in una chiesa di Ravenna. La santa patrona popolare protettrice contro le malattie degli occhi era S. Lucia (13 dic.), mentre S. Martino era tradizionalmente considerato come il santo patrono dei soldati; è provato, tuttavia, che S. Martino guarì un occhio malato di S. Paolino di Nola (22 giu.), e questo può essere il motivo della devozione di Fortunato per questo santo. Dopo aver recuperato la vista, Venanzio decise di compiere un pellegrinaggio al sepolcro di S. Martino a Tours., per ringraziarlo. Intraprese il viaggio proprio prima dell'invasione longobarda dell'Italia, che devastò la parte settentrionale della penisola; deve essere partita molta altra gente finché era possibile ma pochi probabilmente fecero un viaggio piacevole come Fortunato. Il suo pellegrinaggio si trasformò in una sorta di gran tour. Sembra che sia stato ben accolto dalle famiglie più importanti, che abbia frequentato vescovi e abati, oltre a gentiluomini distinti; gli piaceva vivere bene e dimostrava di avere l'istinto dell'uomo di corte, poiché ripagava l'ospitalità scrivendo poesie elaborate in onore delle virtù di chi lo ospitava. Partecipò al matrimonio del re Sigeberto e della moglie Brunilde alla corte di Metz, e compose un elaborato epitalamio per le loro nozze. Le sue doti lo resero popolare a corte e presso i nobili, che lo ospitavano a turno. Raggiunse Tours dove erano in corso piccole guerre che rendevano la vita pericolosa, tuttavia non riuscì a stabilirsi nella società rozza e spesso brutale dei franchi. Essendo uno degli ultimi romani eruditi, non si trovava a suo agio in nessuno dei due ambienti.
Trovò una sistemazione a Poitiers, dove la regina Radegonda (13 ago.) si era rifugiata per difendersi dal marito, Clotario I, brutale e assetato di sangue, che le aveva ucciso il fratello. All'abbazia della S. Croce, Fortunato trovò una congregazione di monache che vivevano in pace e che apprezzarono la sua erudizione, diventando sue amiche. Radegonda e la figlia adottiva Agnese lo spinsero all'ordinazione sacerdotale, ed egli divenne loro cappellano, consigliere, uomo d'affari e segretario. Radegonda conduceva una vita privata molto austera, ma non imponeva alle persone che aveva intorno lo stesso stile di vita. La maggior parte delle monache proveniva dalle grandi famiglie aristocratiche galloromane, e la vita era particolarmente lussuosa, nel convento, dotato di terme romane, giardini e cuochi eccellenti. Le monache osservavano la Regola dei SS. Cesario e Cesaria di Arles (27 ago. e 12 gen.), ma l'osservanza era in, un certo senso, trascurata. L'osservanza della regola non riuscì a impedire alle suore di vezzeggiare il loro cappellano: gli mandavano piatti di carne con ricche salse, burro, frutta e vino, inoltre quando egli visitò il monastero apparecchiarono con piatti d'argento e di cristallo adornando la tavola con vasi di rose. Fortunato perciò era trattato come un re e diventò devoto a Radegonda e Agnese: inviava loro mazzi di gigli e scriveva lettere e poesie per loro, chiamandole "mamma" e "sorella". Alcuni commentatori successivi, considerando queste relazioni, hanno trovato che erano del tutto innocenti. In una società spesso rozza e crudele, la presenza di un poeta romano educato e istruito, che avrebbe potuto comporre versi raffinati e che sapeva come far piacere a qualcuno, deve essere stato un arricchimento per la vita della congregazione. Fortunato conosceva tutti i grandi ecclesiastici e gli alti ufficiali, e poteva consigliare Radegonda e la badessa del monastero su questioni di politica ecclesiastica. Talvolta il monastero si trovò in pericolo, a causa di re guerrieri o vescovi ostili, ma egli aiutò la congregazione a mantenere il suo stile di vita, continuando perciò a essere molto popolare e a essere invitato in qualsiasi occasione pubblica necessitasse di essere commemorata con una delle sue poesie. La relazione tra Fortunato e il suo vescovo Gregorio di Tours (17 nov.) è stata oggetto di una certa discussione; giacché il primo scriveva spesso al secondo con deferenza, gli unici riferimenti a Fortunato che restano nelle lettere di Gregorio sono particolarmente precisi: «il sacerdote Fortunato» o «il sacerdote italiano». Fortunato, in ogni caso, fece frequenti visite a Gregorio, che lo spinse a dedicarsi alla composizione letteraria, suggerendogli alcuni temi e raccomandando i suoi componimenti ad altri vescovi. Quando Fortunato giunse all'età di sessantanove anni, fu eletto vescovo di Poitiers, all'unanimità. Si dedicò a quest'incarico con molto zelo ed entusiasmo, ma i doveri episcopali furono troppo pesanti per lui ed egli morì l'anno della sua consacrazione.
Fortunato è stato descritto da qualche commentatore come un adulatore, e Samuel Dill lo ha definito un parassita. Sicuramente chiuse un occhio sui vizi di coloro che lodava in termini così splendenti: l'immoralità, la crudeltà e la perdita di valori dei figli di Clodoveo e della loro corte furono semplicemente ignorate; il panegirico, in ogni caso, era la forma poetica letteraria ufficiale del tempo. L'idea che là valutazione del carattere dovesse essere critica, mettendo cioè in luce i difetti e le virtù, è relativamente moderna (e molto più affermata oggi, di quanto sarebbe stata nella Gallia del vi secolo). I giudizi più mordaci su Fortunato non spiegano perché Gregorio abbia raccomandato le sue opere, né la ragione per cui la regina Radegonda, donna di rango elevato e con una grande sensibilità, non solo l'abbia nominato cappellano personale, ma si sia affidata al suo consiglio per circa vent'anni (evidentemente lo stimava molto); non chiariscono neanche il motivo della sua elezione come vescovo di Poitiers, né perché, dopo aver condotto per diversi anni una vita molto agiata e aver tributato lodi ai ricchi e ai potenti, abbia scritto poesie di notevole qualità su temi cristiani.
Nel 569, l'imperatore Giustiniano II mandò una reliquia della Croce al monastero. Secondo il pensiero cattolico medievale la croce era strumento della salvezza: il peccato era entrato nel mondo con la caduta di Adamo nel giardino dell'Eden, e miracolosamente la croce di Cristo, fatta con lo stesso legno dell'albero proibito, aveva reso possibile la redenzione. Pietro Abelardo e Giovani della Croce (14 dic.; supra) successivamente svilupparono lo stesso tema. Fortunato scelse questo concetto come tema del primo dei suoi grandi componimenti, Vexilla regis prodeunt, scritto in occasione della donazione e sepoltura della reliquia. La poesia, definita da Helen Waddell come «il più grande inno processionale del Medio Evo,» divenne uno dei grandi inni della liturgia, cantato nei secoli in occasione del Venerdì Santo. Lo stesso tema è affrontato nell'inno Pange lingua gloriosi scritto per la Pasqua; inoltre compose il Salve festa dies per la Pasqua. Se le monache della S. Croce appresero i particolari sul mondo esterno da lui, egli imparò da loro una spiritualità profonda e genuina. Le sue opere sono abbondanti: compose altri inni per importanti eventi ecclesiastici, molti basati sui ritmi dei canti dei legionari romani in marcia. Scrisse anche alcune Vite dei santi: in prosa, quelle di S. Ilario (13 gen.), S. Radegonda (13 ago.) e S. Paterno di Avranches (16 apr.), e in versi, quelle di S. Martino (11 nov.) e S. Medardo (8 giu.). Nella sua opera In laudcm Marine, presenta la Vergine come la regina dei cieli, mentre è omaggiata. Fortunato era molto stimato; trovò il suo mestiere e trasformò un talento apparentemente banale in strumento per affrontare grandi temi. Ben preparato nella tradizione latina classica, la rinnovò con la devozione e la pietà che caratterizzarono poi le migliori opere letterarie del mondo cristiano medievale.
Nelle generazioni successive la sua fama di hon viveur può aver diminuito il riconoscimento dato ai suoi inni eccellenti, che sono ora considerati tra i più raffinati esempi di poesia cristiana.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Poitiers in Aquitania, ora in Francia, san Venanzio Fortunato, vescovo, che narrò le gesta di molti santi e celebrò in eleganti inni la santa Croce.
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