San Villibaldo
Nome: San Villibaldo
Titolo: Vescovo
Nascita: 700 circa, Wesse ,Inghilterra meridionale
Morte: 787 circa, Eichstätt ,Germania
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Villibaldo era figlio di S. Riccardo re dei sassoni occidentali (7 feb.) e di Winna, sorella di S. Bonifacio (5 giu.) e aveva un fratello, S. Vunibaldo (l 8 dic.), e una sorella, S. Valburga (25 feb.). Da piccolo aveva sofferto di una grave infermità, e poiché nessun rimedio sembrava alleviare la sua condizione i suoi genitori, pensando che stesse per morire, lo portarono ai piedi di una grande croce, situata vicino alla loro casa, promettendo che se il piccolo fosse guarito lo avrebbero offerto al Signore. Il bambino subito recuperò la salute e venne così presentato al monastero di Waltham, nello Hampshire, per esservi educato. Vi rimase fino al 720 quando accompagnò il padre e il fratello in un pellegrinaggio del quale, secondo una narrazione, era stato il promotore. Riccardo morì' lungo il cammino a Lucca, dove è tuttora venerato, e i due fratelli raggiunsero in fretta Roma. Anch'essi si ammalarono e Vunibaldo, che era di salute cagionevole, dovette fermarsi in quella città, mentre Villibaldo con due compagni proseguì per «una grande peregrinazione nel mondo conosciuto, compresa la Terra Santa».
Un resoconto del viaggio dettato più tardi a Ugeburca, monaca di Heidenheim, è conosciuto con il nome di Hodoepori con ed è il più antico diario di viaggio di uno scrittore anglosassone a noi pervenuto. Veniamo afferrati dalla meraviglia che traspare dal racconto quando descrive il viaggio nelle terre dei saraceni o nei Luoghi Santi: «Villibaldo visitò e vide quei luoghi con i suoi occhi, camminando calpestò le orme di Colui che nacque in questo mondo, soffrì e risuscitò per amore nostro».
Il viaggio si era snodato per il sud d'Italia fino a Reggio Calabria e poi alla Sicilia, ove Villibaldo si era imbarcato per Efeso. Qui aveva visitato la grotta dei Sette Dormienti, luogo di grande attrazione, perché si credeva che i Dormienti fossero risorti nel v secolo, due secoli dopo essere stati martirizzati; nella stessa città si era recato sulla tomba dell'evangelista Giovanni (27 dic.). La tappa successiva era stata la Siria dove vennero arrestati due volte dai saraceni che li credevano spie.
La prima volta il magistrato più anziano, che aveva già incontrato i pellegrini altrove, disse: «Spesso ho visto uomini delle parti della terra da dove vengono questi viaggiatori. Non hanno nessuna intenzione di offendere, desiderano adempiere la loro legge». Nella seconda occasione un amico spagnolo così parlò al magistrato: «Questi uomini vengono dall'Occidente, dove tramonta il sole. Non conosciamo nulla del loro paese se non che oltre esso non c'è nient'altro che acqua».
I pellegrini (che nel racconto a questo punto sono sette) si recarono poi in visita ai Luoghi Santi, incamminandosi sulla strada da Damasco a Gerusalemme e si fermarono a pregare nella chiesa che sorgeva nel luogo della conversione di S. Paolo. Arrivarono poi in Galilea «nel luogo dove Gabriele per la prima volta venne dalla Vergine Maria e le disse Ave Maria». Passati da Cana bevvero vino da giare poste su un altare, che si diceva fossero quelle usate al banchetto dove Gesù aveva mutato l'acqua in vino. Salirono al monte Tabor e meditarono sul mistero della Trasfigurazione in un monastero posto sulla sommità.
In seguito si recarono a Cafarnao, Nazareth, e si immersero nelle acque del Giordano nel punto dove Gesù era stato battezzato da Giovanni. Dopo aver visto il deserto delle Tentazioni arrivarono finalmente a Gerusalemme.
Davanti alla chiesa del Santo Sepolcro erano state poste tre croci per ricordare il luogo della crocifissione, allora riparato solo da un tetto di fortuna. Le mura della città erano state ampliate al tempo dell'imperatrice Elena, la madre di Costantino, per far sì che il Calvario fosse all'interno della cinta muraria. Passarono poi a Betlemme, situata a pochi chilometri verso sud, pregarono nella grotta dove era nato Gesù, nella cripta della chiesa della Natività, «una casa di grande bellezza» abbellita dai mosaici fatti collocare da Costantino e dalle colonne di marmo di Giustiniano, cose tutte che possiamo ammirare anche oggi.
I vecchi ospizi sulle rotte dei pellegrini erano caduti in disuso a causa dell'estendersi dell'impero musulmano, e il viaggio diventava rischioso. Trovandosi solo all'inizio del cammino erano spesso a corto di cibo: la loro dieta consisteva in pane e acqua. Villibaldo tornò a Gerusalemme a più riprese, visitando i monasteri e gli eremi più famosi, compreso la grande laura di S. Saba, cercando d'imparare tutto ciò che poteva delle tradizioni cristiane e della vita religiosa. Alla fine del pellegrinaggio si imbarcò da Tiro per Costantinopoli, dove si fermò a lungo, per poi raggiungere di nuovo l'Italia nel 730.
Trascorse dieci anni nel monastero di Monte Cassino, che era stato da poco restaurato da papa Gregorio II (11 feb.), e là contribuì molto al ritorno a un'osservanza autentica della Regula di S. Benedetto.
Le sue esperienze in Oriente dovettero suscitare grande interesse tra i monaci tanto che papa Gregorio III (28 nov.), egli stesso d'origine siriaca, volle ascoltare il racconto dei suoi viaggi. Nel 740 il papa lo inviò in Germania per unirsi alla missione del suo parente Bonifacio (5 giu.), che aveva chiesto al papa rinforzi (forse egli stesso suggerì il nome di Villibaldo, figlio di sua sorella) e che era allora metropolita della Germania di là dal Reno e legato papale.
Villibaldo raggiunse Bonifacio in Turingia, fu ordinato sacerdote e dedicò tutte le sue energie all'evangelizzazione dei popoli della Franconia, nella zona meridionale della valle del Reno. Nel 742 fu consacrato vescovo di Eichstkt, e uno dei suoi primi atti fu la fondazione del monastero (che aveva sia la parte maschile che quella femminile) di Heidenheim, governato dalla stessa regola di Monte Cassino. A lui si unirono il fratello e la sorella, Vunibaldo e Valburga, che divennero abate e badessa del monastero. Da qui Villibaldo conduceva l'evangelizzazione e l'amministrazione della diocesi; qui trovava quiete dalle fatiche del suo ufficio, e benché amasse la solitudine era attivo nella cura pastorale, visitando ogni angolo della diocesi e facendosi carico delle necessità spirituali del suo gregge. Come scrisse Ugeburca, «il campo che era stato così arido e sterile fiorì come una perfetta vigna del Signore». Villibaldo sopravvisse sia al fratello che alla sorella e fu vescovo di Eichstkt per quarantacinque anni. Fu tumulato nella cattedrale di questa città, dove è ancora visibile il suo sarcofago.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Eichstätt nella Franconia, in Germania, san Villibaldo, vescovo, che, divenuto monaco, peregrinò a lungo per luoghi santi e per molte regioni per rinnovare la vita monastica e aiutò nell’evangelizzazione della Germania san Bonifacio, dal quale fu ordinato primo vescovo di questa città, convertendo a Cristo molte genti.
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