Santa Lioba
Nome: Santa Lioba
Titolo: Venerata a Fulda
Nascita: 700 circa, Wessex, Inghilterra
Morte: 782, Fulda, Germaia
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
La Vita scritta da Rodolfo di Fulda, su cui si fonda la maggior parte delle notizie su S. Lioba a nostra disposizione, fu compilata in base ai ricordi di quattro delle sue compagne più intime, Agata, Tecla, Maria e Eoliba, e presenta un ritratto vivo e affascinante, scevro delle molte esagerazioni che normalmente si trovavano nelle opere agiografiche del periodo, oltre a demolire forse definitivamente qualunque idea che la partecipazione delle religiose all'attività missionaria sia un fenomeno peculiare del XIX e XX secolo. Lioba, di buona famiglia, nacque nel Wessex, e sua madre, Ebba, era parente di S. Bonifacio (5 giu.); fu battezzata Trhtgeba, ma diventò famosa come Liobgetha (Leofgyth), abbreviato in Lioba (la cara). Sin da giovane fu educata dalle monache, prima a Min-ster-in-Thanet, e poi a Wimborne, nel Dorset, dove alla fine fu accettata, per sua richiesta, come membro della congregazione a tutti gli effetti. Le sue qualità che il popolo ammirava di più in lei, a questo punto, furono la semplicità e la passione per i libri e la cultura. Non è esattamente chiaro che età avesse nel 722, o da quanto tempo avesse pronunciato i voti, ma in quell'anno Bonifacio fu consacrato vescovo da papa S. Gregorio II (11 feb.) e inviato a predicare il Vangelo presso i sassoni e i turingi, e quando a Wimborne giunsero le notizie sui risultati della sua missione, Lioba si sentì stimolata a scrivergli come a un suo parente:
Vi chiedo la gentilezza di ricordare la vostra passata amicizia in Occidente con mio padre, Dynna, morto otto anni fa, e per la cui anima, perciò, vi prego di non smettere di pregare; raccomando anche a voi mia madre Ebba, che vive ancora, anche se dolorosamente, e che, come sapete, è vostra parente. Sono figlia unica e, per quanto sia indegna, vorrei considerarvi come un fratello, perché posso confidare in voi come chiunque altro della mia famiglia. Vi mando questo piccolo dono [la lettera stessa o uno dei componimenti che allegai'], non perché valga la vostra considerazione ma semplicemente per ricordarvi di quest'umile amica, e affinché non vi dimentichiate di me mentre siete così lontano; possa questa lontananza rafforzare per sempre quel vincolo di vero amore che esiste tra noi. Vi prego, caro fratello, aiutatemi con le vostre preghiere a sostenere gli attacchi del nemico nascosto. Vorrei anche chiedervi di essere così gentile da correggere questa lettera piena d'errori e di rispondermi con qualche riga, che attendo con ansia come pegno della vostra buona volontà.
Chiaramente commosso dal suo appello, Bonifacio cominciò a inviarle delle lettere, corrispondenza che continuò con il trascorrere del tempo, poi nel 748 scrisse anche alla badessa di Wimborne, S. Titta (12 ago./12 dic.), chiedendole di inviarle Lioba e un gruppo di compagne che avrebbero collaborato all'evangelizzazione dei paesi germanici, con la fondazione di alcuni monasteri femminili. Titta gli mandò non meno di trenta monache, tra cui S. Tecla (15 ott.), parente di Lioba, S. Valburga (25 feb.) e Lioba stessa. Bonifacio le accolse in un monastero che chiamarono Tauberbischofsheim, che suggerisce l'ipotesi che forse rinunciò alla propria casa per darla a loro. Il convento prosperò, sotto la guida di Lioba, che presto fu in grado di inviare gruppi di monache a fondare altri monasteri; persino i conventi che non dipendevano direttamente da Tauberbischof-sheirn chiesero come badessa una delle monache di Lioba.
Rodolfo di Fulda la descrive, in questo periodo, così impegnata nel suo lavoro tanto da dare l'impressione di aver completamente dimenticato il Wessex. Fisicamente sembra sia stata molto bella, e la sua personalità altrettanto attraente (in particolare per la pazienza, l'intelligenza, e la gran cordialità e gentilezza). Tutti i conventi seguivano la regola di S. Benedetto: ogni giorno era un'equilibrata alternanza di preghiera, in particolare la celebrazione del culto pubblico in chiesa, di lavoro manuale in cucina, al forno, nella fabbrica di birra, o nel giardino, e d'attività intellettuale (tutte le monache dovevano imparare il latino, e lo scriptorium era sempre affollato). Non era permesso a nessuna di infliggersi penitenze o privazioni imprudenti, e Lioba insistette che tutte a mezzogiorno si riposassero, come prescritto nella regola, «poiché sosteneva che la mancanza di sonno provocava un indebolimento delle facoltà intellettuali, specialmente nella lettura», e lei stessa sembra trascorresse quell'ora sdraiata, mentre una novizia le leggeva brani tratti dalla Bibbia, ma rimanendo sempre sufficientemente sveglia per riprendere quelle che, pensando stesse dormendo, non badavano più alla pronuncia. Nel complesso, il fine della congregazione era di fornire un appoggio spirituale ai monaci che lavoravano nelle campagne circostanti, ma quando il popolo conobbe Lioba, la cercò costantemente formando lunghe file per chiederle aiuto e consiglio, sia l'e autorità ecclesiastiche sia quelle civili, oltre a uomini e dorme del luogo.
Prima di iniziare la sua ultima missione, in Olanda nel 754, Bonifacio, che deve essere stato consapevole dei pericoli che avrebbe dovuto affrontare, andò a salutare Lioba e le diede la sua tonaca; aveva già raccomandato Lioba a S. Lull (16 ott.), un monaco di Malmesbury suo braccio destro e successore nell'incarico di vescovo, e ai monaci di Fulda, cui aveva chiesto in particolare di seppellirla, quando fosse morta, vicino a lui, per aspettare insieme la risurrezione. Alla morte di Bonifacio, le fu concesso il permesso speciale di entrare nell'abbazia per far visita al suo sepolcro e partecipare a funzioni e simposi. Dopo essere stata badessa di Tauberbischofsheim per ventotto anni, ormai molto vecchia, si accertò che tutto fosse in ordine nei monasteri a lei affidati e poi si ritirò nel monastero di Schornsheim, a circa sei chilometri da Magonza. Si recò brevemente ad Aachen per far visita all'amica la B. Ildegarda, moglie di Carlo Magno, e sulla via del ritorno a Schornsheim, disse alla regina: «Addio, parte preziosa della mia anima! Che il nostro creatore e redentore Gesù Cristo faccia in modo che possiamo riconoscerci con facilità, nel giorno del giudizio, poiché in questa vita non ci vedremo mai più». Poco dopo, nel 782, morì e fu sepolta nella chiesa dell'abbazia a Fulda. Le reliquie furono trasferite nel 819 e poi nel 838, questa volta nella chiesa di Monte S. Pietro. Il suo nome compare nel Martirologio di Rabano Mauro, oltre che in un certo numero di litanie del ix secolo; nonostante le origini inglesi della santa, il culto è sempre stato ragguardevole in Germania.
MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Magonza in Renania, in Germania, santa Lioba, vergine: chiamata dall’Inghilterra in Germania da san Bonifacio, suo parente, fu messa a capo del monastero di Tauberbischofsheim, dove guidò le ancelle di Dio sulla via della perfezione con la parola e l’esempio.
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