Santa Radegonda
Nome: Santa Radegonda
Titolo: Regina di Francia
Nascita: 518, Erfurt, Germania
Morte: 13 agosto 587, Poitiers, Francia
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Radegonda era la figlia del principe Bertario della Turingia, un pagano che fu ucciso dal fratello Ermenfrido. Nacque nel 518, probabilmente a Erfurt. Quando venne catturata dagli invasori franchi, che conquistarono la Turingia nel 531 circa, aveva dodici anni e probabilmente si era già convertita al cristianesimo.
Clotario I, re della Neustria, era il figlio minore di Clodoveo, il primo re dei franchi apertamente cristiano; fu lui, formalmente cattolico e costruttore di monasteri, a istruire Radegonda nella fede cristiana e a battezzarla.
Radegonda visse ad Athies, vicino a Péronne. Pur non volendo sposarsi, all'età di circa diciotto anni dovette accettare di diventare la moglie di Clotario e quest'uomo violento e maschilista attribuì a lei la responsabilità di non avere avuto figli. Il loro matrimonio fu probabilmente anche segnato dalla bigamia, perché Clotario pare aver avuto almeno cinque mogli.
Radegonda trovava conforto nelle pratiche pie e nelle buone opere: si prendeva cura dei poveri e fondò un ospedale per lebbrosi dove assisteva i malati. Si dice che arrivasse perfino a baciare i loro corpi martoriati, ma questa è probabilmente un'esagerazione di biografi eccessivamente entusiasti.
All'inizio Clotario non si interessò alle sue pratiche, ma gradualmente iniziò a esserne infastidito perché, diceva, gli pareva di avere come moglie una suora e non una regina, ed ella stava trasformando la sua corte in un monastero. Quando il re fece uccidere il fratello di Radegonda (ca. 550), ella lasciò la corte e chiese al vescovo Medardo di Noyon di potere diventare monaca; il presule, temendo la reazione di Clotario, rifiutò ma Radegonda si presentò in chiesa già velata ed egli decise di nominarla diaconessa. In seguito si recò a Tours, dove prese alloggio in un monastero per uomini, poi a Candcs, e infine nel territorio di Saix, a Poitou, dove condusse una vita di penitenza e si prese cura dei poveri per sei mesi.
Fondò un monastero di suore vicino a Poitiers, che adottò la Regola di S. Cesario di Arles (27 ago.), e qui si ritirò nel 561 circa. Venuta a sapere che Clotario stava meditando di farla tornare a corte, scrisse a S. Germano di Parigi (28 mag.) per chiedere aiuto ed egli, fatta visita a Clotario, lo persuase a desistere dai suoi intenti. Il re rimase molto impressionato dal santo, si recò a Poitiers per chiedere il perdono di Radegonda e fece anche delle donazioni alla comunità. La fondazione era un monastero doppio, maschile e femminile, noto inizialmente con il nome di S. Maria (e poi come abbazia di S. Croce), che praticava una clausura rigidissima e continua.
Radegonda nominò un'amica, Agnese, come badessa e si dedicò negli ultimi trent'anni della vita, alla preghiera, allo studio e alle opere buone, raccogliendo attorno a sé un gruppo di donne non solo devote ma anche intelligenti e colte. Alcune di esse provenivano da famiglie di senatori mentre altre avevano sangue reale. Le suore dovevano dedicare due ore al giorno allo studio ed esercitarono una grande influenza sulla cultura cristiana della Gallia merovingia, benché non se ne possa valutare esattamente la misura, costituendo un esempio straordinario di alta raffinatezza: anche le abbazie più famose, fondate per volere reale o di singoli, non avevano un'influenza così diretta e vasta sulla vita della Chiesa, perché la vita intellettuale dell'Europa continentale stava progressivamente declinando.
Sarebbe dovuto trascorrere ancora un po' di tempo prima che le fondazioni nate dal carisma di S. Colombano (23 nov.) portassero i loro pieni ed esemplari frutti.
Pare che Radegonda abbia anche avuto una grande repulsione per la guerra e la violenza e che, di fronte a vari pericoli di conflitto, abbia sostenuto una grande attività epistolare a favore della pace. Non risparmiava neanche se stessa, punendosi e mortificandosi secondo l'uso contemporaneo dei fedeli più ardenti. Era una gran sostenitrice dei bagni molto caldi, pratica all'epoca poco diffusa, che raccomandava come rimedio contro le malattie: una volta una suora gravemente malata fece un bagno di due ore, guarendo perfettamente. Questo fatto viene ricordato come un miracolo.
S. Venanzio Fortunato (14 dic.), inquieto aristocratico latino, scrittore di raffinati poemi, di inni bellissimi e di piacevoli versi celebrativi, terminò le sue peregrinazioni a Poitiers, stabilendosi vicino al convento e trovandovi il paradiso che da tempo cercava. Egli esalta liricamente Radegonda e analogamente si effonde verso la figlia spirituale di lei, la badessa Agnese, e le altre suore di S. Croce. L'estro di Venanzio e i resoconti del tempo dipingono S. Croce, i suoi abitanti e i luoghi vicini, come un delicato mondo fuori dal tempo: come nel più splendido giardino dell'Eden ritratto nelle pregiate miniature medievali, Hic ver purpureum viridantia grarnina gignit / Et Paradisiacas spargit odore rosas (Qui la primavera fa nascere tutto verde brillante e intenso, e dissemina rose dal profumo paradisiaco), come recita uno dci suoi poemi.
Fortunato divenne amico intimo, consigliere, assistente privato e più tardi, dopo l'ordinazione sacerdotale a Poiticrs, cappellano della comunità. Introdusse nell'abbazia le armonie della letteratura secolare e religiosa, e scambiava lettere in versi di stile aulico con Radegonda e Agnese, ringraziandole, per esempio, per qualche ghiotta verdura in agrodolce e accompagnando omaggi di fiori e castagne («Ho intrecciato questo cesto con le mie mani, cara madre e cara sorella. Contiene un rustico regalo per voi: castagne da un albero della mia proprietà»), o unendo alla descrizione di un buon pasto la richiesta di notizie sulla loro salute o anche incoraggiandole nella loro austerità. Queste note liriche uniscono osservazioni scherzose e acute a una intensità profonda. Presto cominciarono a circolare le inevitabili voci di una relazione illecita, e Fortunato cercò di smentirle in uno dei suoi Carmina.
A quell'epoca ebbe inizio in Francia, terra con pochi martiri locali e le cui spoglie fino a quel momento non erano state considerate di valore particolare, un'affannosa caccia alle reliquie. Radegonda raccolse numerosi e preziosi frammenti di prima classe e arricchì la sua chiesa con reliquie di numerosi santi. Voleva possedere le migliori e tra il 560 e il 570 inviò dei messi in Oriente con il compito di acquisire schegge della santa croce per la sua abbazia. Nel 569 ricevette da Costantinopoli un frammento della croce ornato d'oro e pietre preziose, dono dell'imperatore Giustino II, unito a un cvangcliario altrettanto decorato. Sigeberto incaricò S. Eufronio, arcivescovo di Tours, di collocare la reliquia nel monastero di S. Croce il 19 novembre 569 e, per questa importante occasione, Fortunato compose il famoso inno processionale Vexilla Regis prodeunt (I vessilli del Re avanzano), i cui versi solenni si conformano perfettamente alla profondità del soggetto; esso divenne il grande inno dei crociati e in seguito fu inserito nella liturgia della Settimana Santa, insieme al Pange lingua gloriosi proelium certaminis (Canta, o lingua, la gloriosa battaglia), in onore della stessa reliquia, e ad altri suoi inni scritti a Poitiers. Fortunato compose anche una serie di lunghi epitaffi per consolare Radegonda (e quanti ne giunsero in possesso) della morte di alcuni amici e parenti.
Radegonda trascorse i suoi ultimi anni in solitudine completa. Morì in pace il 13 agosto 587, seguita dopo pochi giorni da Agnese. S. Gregario di Tours (17 nov.), descrive il volto di Radegonda nella bara come «splendente e più bello delle rose e dei gigli». Egli riporta anche il fatto che, dal 589, il monastero di S. Croce fu teatro di conflitti interni, sorti dalla divisione in due gruppi rivali. Nelle Vitae scritte, dopo pochi anni, da Fortunato e da una suora di nome Baudonivia si ricorda l'armonia che regnava all'epoca di Radegonda e i miracoli avvenuti mentre era ancora viva, ai quali va aggiunta la guarigione miracolosa di un cieco al suo funerale, riportata da Baudonivia. Il suo corpo, deposto fuori dalle mura di Poitiers un poco distante dal monastero, divenne oggetto di venerazione e vi furono nuove guarigioni miracolose, mentre la sua memoria e il suo esempio venivano citati ad esempio nelle dispute contro i pagani.
La vita di Radegonda è stata spesa in un intenso ed efficace servizio alla Chiesa, e di questo oggi si ha molta più consapevolezza che in passato. In una occasione, ella affrontò una moltitudine di franchi pagani armati, pacificando i loro animi con il semplice potere della croce che aveva con sé. La sua memoria venne celebrata per la prima volta nell'VIII o nel IX secolo e le vennero dedicate numerose chiese in Inghilterra e in Francia.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Poitiers in Aquitania, in Francia, santa Radegonda, che, regina dei Franchi, prese il sacro velo mentre suo marito, il re Clotario, era ancora in vita e visse nel monastero di Santa Croce a Poitiers da lei stessa costruito sotto la regola di san Cesario di Arles.
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