Anna Maria Redi nacque ad Arezzo il 15 luglio 1747 da una famiglia nobile e profondamente devota: i genitori, Ignazio e Camilla Balatti, videro tre delle loro figlie abbracciare la vita monastica.
All'età di nove anni, Anna Maria fu inviata a studiare presso le suore di Santa Apollonia a Firenze e, l'anno seguente, ricevette il permesso di fare la prima comunione. Fin da giovane, percepì profondamente l'amore divino, intraprendendo con determinazione rinunce personali. Una delle sue prime decisioni, alla quale rimase fedele per tutta la vita, fu quella di evitare qualsiasi manifestazione esteriore della propria vita spirituale interiore per non distinguersi dagli altri. Sebbene sentisse la chiamata alla vita religiosa sin da bambina, non era certa dell'ordine in cui sarebbe entrata; tuttavia, una rara esperienza mistica la spinse a scegliere irrevocabilmente le carmelitane.
A sedici anni, lasciò Santa Apollonia e tornò a casa, dove adottò uno stile di vita simile a quello del Carmelo: dormiva su un pagliericcio e si sottoponeva alle penitenze tipiche dei conventi dell'epoca. Sorprendentemente, suo padre non si accorse della direzione che stava prendendo la vita di Anna Maria e, quando lei espresse il desiderio di entrare nel Carmelo, i genitori rimasero sconvolti. Ignazio consultò ecclesiastici di grande fama, i quali confermarono la genuinità della vocazione religiosa di Anna Maria; così, egli acconsentì alla sua richiesta di entrare nel Carmelo di Firenze. Dopo aver organizzato tutto, evitò di affrontare l'argomento finché, una sera, rimproverò la figlia per averlo abbandonato; Anna Maria, con grande calma, uscì dalla stanza.
Entrò in convento il 16 agosto 1764, a diciassette anni. Il periodo del postulandato fu privo di problemi, eccetto un'infezione al ginocchio. Nonostante il dolore intenso, Anna Maria continuò a genuflettersi durante la preghiera e a svolgere i propri compiti fino a crollare. L'area infetta fu incisa, ma la guarigione fu lunga e dolorosa. Questa prova servì a testare il suo temperamento e a favorire la sua accettazione nel Carmelo. La vestizione avvenne l'11 marzo 1765, quando assunse il nome di Teresa Margherita Marianna del Sacro Cuore.
In una lettera a un'altra religiosa, Teresa scrisse: «L'amore non vuole un cuore diviso, vuole tutto o niente». Questo significava immergersi completamente nelle pratiche ascetiche del Carmelo, senza cedere alle fragilità umane, per raggiungere la più alta adesione allo spirito contemplativo dell'ordine. Consapevole di essere oggetto di un amore smisurato, Teresa aspirava a restituire amore per amore: «Niente sembrerà difficile quando ci accorgeremo che chi è amato non vuole altro che amore per amore. Egli si è donato completamente a noi; noi non dobbiamo fare altro che donargli tutto il nostro cuore e vivremo nella gioia».
La responsabile delle novizie, Teresa Maria di Gesù, era severa e riteneva opportuno mettere alla prova la precoce perfezione della novizia di Arezzo, sottoponendola a sgridate e rimproveri anche quando non necessari. Dopo la vestizione, Teresa soffrì nuovamente al ginocchio opposto; temendo che la professione potesse essere posticipata o rifiutata, si rivolse con intensa preghiera a Maria e ottenne la guarigione. La sua professione fu approvata all'unanimità e celebrata il 12 marzo 1766.
Durante la sua breve vita da professa, Teresa svolse i ruoli di sacrestana e infermiera, trovando in entrambi infinite occasioni di sacrificio per gli altri. Nessuno immaginava quanto soffrisse, poiché celava abilmente i propri sentimenti; scrisse: «Il modo migliore per amare Dio è farlo in silenzio, ricordandosi che "Gesù non disse una parola"».
Estranea a ogni complicazione, Teresa aveva una chiara concezione della santità, una fede semplice e coraggiosa nell'accettare le realtà umane. Grazie alla sua fiducia illimitata in Dio, affrontava ininterrotte sofferenze e le difficoltà dei suoi compiti.
Come infermiera, si prese cura di una suora malata di mente che spesso reagiva con violenza alle sue cure. Sembrava percepire quando una paziente epilettica aveva bisogno di lei o quando chiunque stesse male. Una suora sorda, che non udiva nessuno, sentiva sempre la voce di Teresa, anche quando parlava a tono normale. Vi furono episodi straordinari, come quello di una novizia con un forte mal di denti, alleviato da un bacio di Teresa sulla guancia, o quello di una malata guarita al tocco della sua mano.
Durante la Pentecoste del 1767, durante l'ufficio dell'ora terza, Teresa Margherita percepì profondamente le parole "Dio è amore" e da quel momento il suo cuore visse solo per Dio, in una sorta di martirio interiore. Ogni sua azione e aspirazione spirituale scaturiva dall'amore per Dio, ma si sentiva incapace di amare a livello emotivo. Pregava quotidianamente lo Spirito Santo, affidandogli le proprie necessità e quelle della Chiesa intera. Esteriormente serena, interiormente riviveva il travaglio della grande Santa Teresa d'Avila: «Io muoio perché non muoio!»; arrivò a chiedere alla sua paziente sorda, in punto di morte, di intercedere per lei affinché ottenesse la grazia di una morte precoce.
La sua preghiera fu esaudita: dopo due giorni di grandi sofferenze, il 7 marzo 1770, Teresa Margherita morì di peritonite. Il suo corpo rimase esposto per quindici giorni senza segni di decomposizione ed è rimasto incorrotto fino ai giorni nostri.
Fu beatificata il 9 giugno 1929 e canonizzata il 13 marzo 1934. La sua profonda spiritualità e la morte precoce hanno portato molti a considerarla la Teresa di Lisieux del XVIII secolo.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, santa Teresa Margherita Redi, vergine, che, entrata nell’Ordine delle Carmelitane Scalze, percorse un arduo cammino di perfezione e fu colta da prematura morte.