Santi Filippo ed Ermete
Nome: Santi Filippo ed Ermete
Titolo: Martiri
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Filippo, vescovo di Eraclea, patì il martirio con il sacerdote Severo e il diacono Ermete durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano (284-305). Quando furono emessi i primi editti imperiali contro i cristiani, Filippo, pur avendo ricevuto il consiglio di lasciare la città, preferì rimanere per aiutare il proprio gregge a resistere a qualunque attacco si fosse presentato. Quando le autorità chiusero la chiesa, Filippo continuò a celebrare le funzioni all'aperto, e quando gli fu ordinato di consegnare i vasi e i libri sacri usati per la liturgia, rispose: «Quanto ai vasi sacri che chiedi, prendi pure tutti quelli che abbiamo. Infatti noi che siamo perseguitati senza fatica disprezziamo queste cose, perché non con i metalli preziosi, ma con la carità e la riverenza veneriamo Dio. Le Scritture invece non è possibile che tu le prenda né che io te le dia». Ermete aggiunse che non era in potere dell'imperatore distruggere la parola di Dio, anche se fosse riuscito a eliminare tutti i manoscritti che la riportavano. La chiesa e i libri furono distrutti, e sia Filippo che Ermete furono sottoposti a tortura nel tentativo di indurli a compiere sacrifici all'imperatore e agli idoli; davanti al loro rifiuto, vennero rinchiusi in prigione. La gente comunque poteva andare a visitarli ed essi continuarono a istruire coloro che volevano farsi battezzare. Soprattutto la condotta di Ermete risultava inspiegabile alle autorità romane, avendo questi goduto di una grande stima in città ed essendo stato perfino membro del senato. A questo punto Severo, un prete che si era tenuto nascosto per evitare l'attenzione delle autorità, si consegnò loro e fu imprigionato insieme a Filippo e a Ermete. Dopo circa sette mesi vennero condotti ad Adrianopoli per essere nuovamente sottoposti a giudizio, e questa volta le autorità romane, quando videro che continuavano a professare la fede cristiana, li fecero percuotere duramente e, dopo ulteriori interrogatori, li condannarono a morte. A causa dei colpi ricevuti, Filippo ed Ermete avevano grandi difficoltà a camminare verso il palo del rogo, ma il diacono incoraggiò il vescovo dicendo: «Maestro sublime, incamminiamoci rapidamente al Signore. Non ci preoccupi affatto il male dei piedi, perché tra poco non ci serviranno più». Dopo essere stati bruciati, i loro corpi furono gettati nel fiume, ma alcuni cristiani li recuperarono. Severo patì il martirio il giorno successivo. Il rogo (lei libri sacri e la distruzione della chiesa di Filippo sono coerenti con gli editti emessi da Diocleziano, e ciò permette di collocare questi martirii nel suo regno; l'anno più probabile è il 303, anche se alcuni propendono per il 305. Il precedente Martirologio Romano era in errore quando li collocava sotto Giuliano l'Apostata (332-363) aggiungendo anche un S. Eusebio al gruppo. L'esecuzione di Filippo e dei suoi compagni è tra gli eventi meglio attestati della persecuzione di Diocleziano, e gli Acta in latino, basati su un originale greco più antico, sono nella sostanza degni di fede.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Edirne in Tracia, sempre in Turchia, santi martiri Filippo, vescovo di Marmara Ere lisi, ed Ermete, diacono: il primo, agli inizi della persecuzione dell’imperatore Diocleziano, aveva ricevuto l’ordine di chiudere la chiesa e mostrare tutti i vasi sacri e i libri in essa contenuti; e avendo egli risposto al governatore Giustino che non era lecito né da parte sua consegnare quanto gli si chiedeva né a lui appropriarsene, dopo aver subito il carcere e la flagellazione, fu bruciato insieme al diacono sul rogo.
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